La Mandragola – Stivalaccio Teatro

13

February
13/02/2025 21:00 - 23:00

giovedì 13 febbraio 2025 – ore 21
Audiorium Pandurera

Prosa

Stivalaccio Teatro presenta

LA MANDRAGOLA
Facetissima commedia dell’Arte

con Pierdomenico Simone, Francesco Lunardi, Daniela Piccolo, Elisabetta Raimondi Lucchetti, Elia Zanella
regia e canovaccio Michele Mori

scenografia e attrezzeria Alvise Romanzini
costumi Licia Lucchese
maschere Stefano Perocco di Meduna e Tullia Dalle Carbonare
disegno luci Matteo Pozzobon
coreografie acrobatiche Giulia Staccioli
arrangiamenti musicali Pierdomenico Simone
assistente alla regia Benedetta Carrara

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Note di regia
Riuscire ad avere un figlio che possa portare avanti il nome della famiglia è diventato un’ossessione per il vecchio e avido Messer Nicia. Non si dà pace: è disposto a tutto pur di avere un erede. Ma non al punto di dover morire. Se però a sacrificarsi può essere qualcun altro, tutto cambia. Ha così inizio una beffa dal sapore boccaccesco, in cui chi si crede furbo sarà gabbato da chi lo è davvero.
“La Mandragola” è definita da molti la “commedia perfetta” In effetti, è la più famosa e imitata commedia del Rinascimento. Machiavelli ci regala un&’opera unica, in cui lo stile alto dell’Umanesimo e quello basso del patrimonio popolare si mescolano alla perfezione. Un’operazione talmente riuscita da risultare, appunto, “perfetta” e da considerarsi di diritto un classico della nostra letteratura. Nonostante la materia leggera, Machiavelli cela nelle sue parole un’aspra denuncia nei confronti dell’ipocrisia della chiesa rinascimentale e mette in discussione i valori familiari, provocando nello spettatore un riso amaro che fa riflettere. La nostra messa in scena si rifà ai comici dell&’arte, a quel teatro fatto con un piccolo praticabile e un fondale logoro, che lascia tanto spazio alla maestria degli attori. A loro quindi l'arduo compito di far rivivere la commedia, andando a frugare nei vecchi bauli pieni di maschere, dialetti, duelli, canti, musiche e pantomime. Un omaggio al testo di Machiavelli, o meglio, un “liberamente tratto da” attraverso quel grande gioco che è la Commedia dell’Arte.
Michele Mori

Note sulle scene
“…se tocco con la mano il muro di un palazzo, un cancello di ferro, una statua di marmo, una quercia secolare, lo faccio sempre con estrema delicatezza e con la sensazione di avvertire sotto le dita la superficie della carta o della tela dipinta.”
E. De Filippo – L’arte della commedia.

Per secoli le compagnie di teatro popolare hanno trasportato le scenografie allo stesso modo dei costumi: in bauli. Spesso autocostruiti, i bauli, spessissimo fatte in casa, le scene, in carta piegata o in tela grezza arrotolata. Maggiore l’indigenza della compagnia, peggiori le condizioni di bauli e, va da sé, delle delicate scenografie.
C’è allora compagnia peggio ridotta di questi cinque circensi derelitti che vanno a mettere in scena la Mandragola? Una scena fatta di scarti, di pezzi raccolti a caso, di ricordi scoloriti di scenografie passate. Sopravvivono l’angolo di un palazzo, un sole, una notte stellata, il resto sono vecchi tappeti, metalli arrugginiti, cariatidi da manuale illustrato di astronomia, eco di vecchi tarocchi, arrabattati su un palchetto scassato che, grazie al patto che sussiste sempre a teatro, è ancora magico: è la macchina scenica antica dove basta una tela dipinta a stupire.
L’impianto scenico è sgombro: dieci tele appese ad uno stangone fanno da fondale. La scena è, solo apparentemente, bidimensionale e schiacciata sul fondo anche per non togliere spazio al già angusto palchetto. In realtà, grazie a tiri e ad elementi a scomparsa, questa si anima perdendo l’accezione di fondo pittorico immobile: dalla linea di ribalta compare un grosso ventaglio dal paramento decorato, le tele del fondo piegando “in seconda” mostrano il loro retro dipinto, cambiando la situazione dal diurno al notturno.
Le scelte tecniche sono il frutto del dialogo combinato con la regia e con le sue necessità, confronto dal quale nasce uno spazio dove, in accordo alla tradizione della Compagnia, nulla è solo decorativo, tutto è funzionale e ricco di simboli.

Alvise Romanzini

Note sui costumi
L’idea di partenza registica è di metateatro: una compagnia di circensi, male in arnese e scarruffata, mette in scena La Mandragola come un canovaccio di commedia dell’arte.
I costumi all’inizio dello spettacolo sono quindi contemporanei e molto vissuti per la povertà di mezzi della compagnia: gli attori, a parte Callimaco, sono quasi tutti in deshabillé e si vestiranno in parte in scena.
L’idea di base è quella di una contemporaneità atemporale con una monocromia di grigi caldi e freddi e con pochi elementi colorati.
I singoli caratteri della commedia dell’arte (Pantalone, Brighella, servetta, innamorata e innamorato) sono dati da elementi di costume che ricordano il ‘500 ma partono da costumi di repertorio della compagnia, un po’ come se li fossero fatti loro.
Ogni attore ha un carattere circense specifico e lo manterrà in quello della Commedia dell’Arte: Ligurio – capocomico è un domatore e poi un Brighella, la servetta – Fiammetta è uno zanni-ballerina, l’innamorata-Lucrezia all’inizio è una trapezista, infine Callimaco – l’innamorato è un clown triste che ricorda Stanlio.
Una nota particolare è data dal fatto che il progetto si basa su un quasi totale riciclo di abiti, oggetti e costumi usati.

Licia Lucchese

Note sulle maschere e carabattole
Machiavelli non scrive Mandragola pensando alle maschere ma vi sono tutti i presupposti per il fenomeno che nascerà cinquant’anni dopo e che i posteri chiameranno “Commedia dell’Arte” : servi, padroni, travestimenti, storie d’amore….. Trovo lecito quindi trasformare il fiorentino notaio Nicia in Pantalone , l’intrigante mezzano Ligurio in Pulcinella ed i servi ingenui e attaccabrighe in Zanni : tutti gli elementi contribuiscono ad immaginare l’opera una chiara anticipazione delle future trame di Commedia; è quindi logico pensare a quelle maschere che sicuramente già popolavano le piazze teatrali di quegli anni.
Certo il Pantalone-Nicia è una maschera un po’ atipica, poco libidinosa e con sopracciglia esagerate, un Pantalone più ingenuo e sciocco, erede diretto di Pantalone del Muto per spavento, Pulcinella-Ligurio si allontana dal nero funereo per assumere un rosso mefistofelico, come del resto avviene con la maschera deforme di Callimaco. Giocoforza i due servi del prologo hanno maschere di Zanni, eterni rappresentanti di un popolo riottoso che protesta.

Stefano Perocco di Meduna e Tullia Dalle Carbonare